Qualunque cosa tu stia facendo, fermati un secondo. Prenditi una pausa e non staccare gli occhi da qui, perché se ti interessa il mio settore stai per leggere degli oneri, ma anche degli onori, di una tra le attività più belle del mondo. Quella del copywriter.
Vorrei cominciare questo viaggio insieme a te riportandoti un estratto dal LinkedIn di Federica Trezza, professionista dello scrivere che ho avuto l’onore di conoscere allo scorso WMF, a Rimini, e di ritrovare poi a Bari all’ultimo The Neverending Storytelling.
Federica scrive: “Essere Copywriter. Non fare la, il Copywriter. C’è una differenza sostanziale (…). Scrivere è un mestiere, non un lavoro. La Scrittura è qualcosa che hai dentro”.
Quando ho letto l’ultima frase, non ho potuto fare a meno di pensare: “finalmente qualcuno che mi capisce. Che comprende appieno come mi sento”.
Quel mio tenere sul comodino quando sono a casa, e in borsa quando lavoro o sono in giro, l’agenda con almeno due penne (perché se una si scarica mentre sto appuntando qualcosa almeno ne ho un’altra). Quel mio andare a camminare in solitaria – abitudine che dovrei riprendere – alla ricerca di ispirazioni e cose da raccontare, anche solo nella forma di una nuvola. Quel mio guardare i volti delle persone e, per alcune di esse, provare a immaginarne le storie e i nomi.
Scrivere è l’unica cosa che, da sempre, mi accende una scintilla dentro.
Che mi fa sentire viva come nient’altro. E su questo, in un altro post LinkedIn di qualche tempo fa, ho trovato terreno fertile in Federica. Ma quella della scrittura testi è una dimensione anche molto soggettiva, multiforme. Soggetta, per questo, a giudizi talvolta fuorvia(n)ti.
Mi è capitato un po’ di tempo fa, per esempio, di aver scritto dei testi per un sito. E di essermi sentita dire, per la prima volta in vita mia, che quei testi non erano piaciuti. La prima cosa che ho fatto è stata mettermi in discussione, cercando di capire cosa potesse essere andato storto. Le keyword c’erano, le indicazioni che mi erano state date per la stesura anche… Non capivo, ma non mi sono arrabbiata.
Perché “succede”, perché non mi era mai capitato e prima o poi era fisiologico mi capitasse e perché comunque dovevo comprendere quale fosse il problema. Così da far in modo che non si ripresentasse in futuro.
Alla fine non erano i testi a non piacere, quanto il tono di voce. Appurato questo, ho tirato un sospiro di sollievo! Perché il tono di voce tutto sommato si ritara con degli accorgimenti. Ma il reale problema, in quel caso, era che le due cose – scrittura dei testi e tono di voce – non erano chiare nel loro essere due elementi diversi. Questo mi ha fatto capire come, a volte, la mancanza di consapevolezza nei confronti della terminologia sia il tema principale.
Un’altra volta mi è successo, invece, che non siano state condivise le mie scelte in termini di punteggiatura. Mi è stato contestato l’uso dei due punti da una persona di indubbio bagaglio culturale, ma che nulla ha a che vedere con il mondo della scrittura testi. Ammetto che questa osservazione ha colpito un po’ più nel vivo rispetto alla precedente. In primis, perché nessuno prima di quel momento si era mai addentrato nel contestarmi la punteggiatura. In secondo luogo, ma non meno importante, perché so per certo di non averne fatto un uso improprio. Tuttavia, andando incontro alle esigenze di chi mi ha mosso l’osservazione, ho strutturato la frase incriminata in altra maniera così da togliere quei due punti.
Questo, però, mi ha aperto gli occhi su una cosa fondamentale. Cioè sul fatto che la scrittura sia una dimensione soggettiva. Dove tutti possono esprimersi su tutto. Dove tutto sembra facile, forse anche casuale. Il che da una parte può essere bellissimo, perché libera il copywriting dai meri tecnicismi, o virtuosismi, per renderlo vivo e modificabile, come lo è il pongo per i bambini. Dall’altra, però, può rivelarsi un’arma a doppio taglio, perché chiunque può sentirsi in diritto e in dovere di mettere in dubbio qualsiasi cosa. Compresa la tua professionalità, i tuoi anni di studi e di esperienze nel settore.
Tutti scrivono, perché si impara a scuola. Ma la Scrittura, quella con la “S” maiuscola come la definisce Federica Trezza, non è per tutti.
Quando vado in crisi, anche solo per due punti, faccio due cose. La prima, è guardare la famosa scena di Totò e Peppino che scrivono la lettera, tratto da “Totò, Peppino e la… malafemmina”, del 1956. “Punto, Due punti. Fai tre che abbondiamo…”. Mi diverte sempre moltissimo.
La seconda, è ricordarmi che accolgo storie. Che le persone mi danno fiducia prima, e mandato poi, per raccontarle attraverso le parole scritte. E questa è una cosa che non smetterà mai di emozionarmi.
Il copywriting è veramente il mestiere più bello del mondo.